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Nefrologia pediatrica



1. EMATURIA
2. INFEZIONI FEBBRILI DELLE VIE URINARIE

3. PROTEINURIA


1. EMATURIA

Pe ematuria si intendela presenza di globuli rossi nelle urine. Si tratta di un reperto relativamente frequente in età pediatrica.
L’ematuria si distingue in macroematuria (MAE), quando è visibile ad occhio nudo, e microematuria (Mie) quando vi è presenza di emoglobina nello stick urine in più di tre occasioni e di un sedimento urinario, con più di 5 emazie visibili ad alto ingrandimento (400 x) o con più di 20 globuli rossi per microlitro.
La prevalenza della microematuria varia dal 5% per esami urine eseguiti una sola volta, allo 0,2-2% quando l’esame urine viene ripetuto più volte.
 
Macroematuria (MAE)
Inquadramento diagnostico e cause
Prima di tutto è necessario distinguere dalla vera ematuria quelle condizioni che portano a colorazione anomala delle urine senza presenza di globuli rossi. Urine “scure” ma con stick negativo per sangue possono essere dovute ad ingestione di farmaci o alimenti, mentre la presenza di emoglobinuria o mioglobinuria determina uno stick positivo con assenza di globuli rossi nel sedimento urinario.
Una volta accertata la presenza dell’ematuria, è di fondamentale importanza stabilirne l’origine: urine color coca-cola o a lavatura di carne, associate a proteinuria e a cilindri ematici, con presenza di globuli rossi dismorfici esaminati al sedimento di urine fresche, depongono per un’origine glomerulare (ovvero a partenza dal rene), mentre urine rosso vivo, in assenza di proteinuria e cilindri, con emazie monomorfe al sedimento, depongono per un’origine post-glomerulare, ovvero a partenza dalle vie urinarie.
Nelle tabelle 1 e 2 sono riportate le principali cause di ematuria.
 
Tabella 1 – Principali cause glomerulari di ematuria
  • Glomerulonefriti Primitive                   
    • GN acuta post-infettiva
    • Nefropatia da IgA
    • GN proliferativa mesangiale
    • GN membrano-proliferativa
    • GN membranosa
    • GN endo-extracapillare
  • Nefropatie ereditarie:
    • S. di Alport                                   
    • Ematuria familiare benigna
    • Altre (Nail-Patella syndrome…..)
  • Nefropatie secondarie a malattie sistemiche:
    • M. di Schonlein-Henoch
    • Amiloidosi renale
    • Nefropatia diabetica
    • SEU
    • Vasculiti (LES, altre)
    • Infezioni (malaria, epatite,toxoplasmosi , HIV)
 
Tabella 2 – Principali cause post-glomerulari di ematuria.
 
  • Nefropatie interstiziali:
    • Pielonefrite acuta
    • Nefrite tubulointerstiziale acuta (es. da farmaci)
    • Su base metabolica (urati, ossalati, nefrocalcinosi)                                                       
  • Nefropatie vascolari
    • Anomalie arterovenose (FAV, angiomi)
    • S. dello schiaccianoci
    • Trombosi vene/arterie renali
    • Ipertensione maligna
  • Nefropatie congenite/ereditarie
    • Rene policistico
    • Mal. Metaboliche ereditarie
    • Idronefrosi / Uropatie ostruttive
    • Reflusso vescico-uretrale
  • Patologie del tratto urinario
    • Uretrite, vulvite
    • Cistite emorragica
    • Urolitiasi
    • Ipercalciuria, iperuricuria 
    • Tumori
    • Traumi
  • Altre cause
    • Coagulopatie
    • Drepanocitosi
    • Esercizio fisico intenso
    • S. di Münchausen
 
 
Diagnosi
In caso di ematuria, l’anamnesi è fondamentale in quanto può fortemente indirizzare verso la diagnosi: escludendo i rari casi di ematuria da trauma,  l’orientamento medico si baserà sulla presenza o meno di segni o sintomi di infezioni alle vie urinarie (IVU) responsabili del 26% dei casi di MAE sintomatica, o viceversa di sintomi di calcolosi (3%) o di glomerulonefrite
La presenza di disuria con stick positivo per nitriti e leucociti ed eventuale febbre sono segni di una probabile IVU, anche se la diagnosi può essere confermata solo dall’esecuzione di un’urinocoltura. Dolori di tipo colico a livello lombare e familiarità per calcolosi renale richiedono che venga esclusa la presenza di calcoli attraverso l’esecuzione di un’ecografia renale, di un radiografia dell’addome in bianco e di esami urinari specifici. Episodi infettivi delle vie aeree superiori, in particolare la presenza di una faringite da Streptococco B emolitico gruppo A nei 10-20 giorni precedenti, sono suggestivi per Glomerulonefrite poststreptococcica, mentre il riscontro di infezione alle alte vie respiratorie insorta 1-2 giorni prima dell’esordio dell’ematuria orienta verso una Nefropatia a depositi mesangiali di IgA.
Anche l’esame obiettivo del paziente può fornirci indicazioni importanti.
La presenza di un segno di Giordano positivo orienta la diagnosi verso una calcolosi renale ma anche una pielonefrite acuta e una glomerulonefrite acuta possono evocare dolore a causa del processo infiammatorio che distende la capsula renale. La presenza di una massa palpabile in sede addominale può far pensare a un tumore di Wilms o a rene policistico, ma idronefrosi severe in età neonatale possono essere percepite come masse.
Nei casi in cui si sospetti una glomerulonefrite, si dovranno valutare con attenzione i segni che indicano un sovraccarico idrico, quali la presenza di edemi periorbitali, sacrali o pretibiali e l’obiettività toracica, per escludere un eventuale edema polmonare. La misurazione della pressione arteriosa è indispensabile.
La presenza di porpora o di un eritema a farfalla, evenienza peraltro rara in età pediatrica, orientano verso forme di glomerulonefrite secondarie a malattia di Schönlein Henoch o a Lupus Eritematoso Sistemico.
I principali esami di laboratorio da richiedere nei casi di MAE per un iniziale inquadramento diagnostico sono i seguenti: emocromo + formula, PCR, VES, urea, creatinina, elettroliti, TAS, tampone farigneo, C3, C4, protidemia + elettroforesi, immunoglobuline, autoanticorpi (ANA, antiDNA), Lupus-like anticoagulant.
Nelle urine sarà importante valutare la morfologia delle emazie al sedimento, e il dosaggio di proteinuria, creatininuria, beta2microglobulina, calcio, acido urico
 
Microematuria (Mie)
La Mie può essere definita in base alla sua durata in: transitoria, se dura meno di 6 mesi e si negativizza in 3 esami urine consecutivi; intermittente, se dura più di 6 mesi ed è evidenziabile in meno del 50% dei controlli eseguiti; ed infine persistente, se la durata è superiore ai 6 mesi ed è presente in più del 50% dei controlli eseguiti. Nel primo caso si può sospendere il follow up, nel secondo è necessaria l’osservazione nel tempo e nell’ultimo è opportuna l’esecuzione di ulteriori accertamenti clinici.
La MIE si definisce sintomatica quando è associata a sintomi generali (febbre, malessere, rash, porpora, artrite, dolori addominali) e/o a sintomi di malattia renale (oliguria, poliuria, ipertensione, edema, disuria, pollachiuria, stranguria). Questo tipo di MIE riconosce le stesse cause della MAE.
In caso di MIE asintomatica, è indispensabile valutare la presenza di proteinuria. La presenza di proteinuria significativa (>4mg/m2/h o rapporto uProt/uCreat > 0,2) è infatti sempre un indice di danno glomerulare e rappresenta un indice di progressione del danno stesso. Tale riscontro impone sempre ulteriori accertamenti. La presenza per oltre 6 mesi di ematuria e proteinuria è indicazione ad eseguire biopsia renale.
Per MIE asintomatica isolata persistente si intende infine la presenza di stick urine positivo per sangue in assenza di sintomatologia. Nei casi di MIE isolata asintomatica è utile valutare se in famiglia sono presenti soggetti affetti dallo stessa alterazione urinaria, sia con l’anamnesi, ponendo attenzione in particolare alla familiarità per calcolosi renale, rene policiclico, IRC con necessità di dialisi e trapianto, sia chiedendo ai genitori e ai fratelli di eseguire almeno un esame urine di screening. La presenza di Mie, insufficienza renale nei familiari e/o sordità neurosensoriale sono suggestivi per s. di Alport.
Di fronte ad una Mie isolata, l’osservazione al microscopio del sedimento urinario costituisce l’esame dirimente, in quanto consente di determinare l’origine dell’ematuria, fornendo così un importante orientamento diagnostico. Lo studio del sedimento urinario viene eseguito preferibilmente su urine fresche, emesse da non più di 1-2 ore. L'utilizzo di campioni di urina a distanza di diverse ore dalla raccolta e mantenute a temperatura ambiente può infatti portare ad artefatti a causa delle modificazioni dei caratteri fisico-chimici del campione. Specialmente nel caso di urine ipotoniche, gli elementi cellulari ed organizzati possono andare incontro ad una rapida distruzione. Per ottenere un campione idoneo per lo studio del sedimento urinario si utilizzano 5-10 mL di urine.  Oltre alla valutazione quantitativa è opportuno eseguire anche una valutazione qualitativa relativa agli elementi osservati soprattutto per orientare l’iter diagnostico in senso nefrologico o urologico e fornire un'indicazione sull'evoluzione e sulla gravità delle patologie. Gli elementi che possono fornire le più utili indicazioni qualitative e quantitative sono le emazie, le cellule nucleate (epiteli delle vie urinarie, cellule renali e leucociti), i cilindri, i cristalli e i batteri.
L’osservazione della morfologia dei globuli rossi consente di classificare l’ematuria in base alla sua origine: la presenza di globuli rossi dismorfici in misura superiore all’80% è suggestiva di origine glomerulare (renale) della MIE, mentre la presenza di più dell’80% i globuli rossi isomorfi (cioè di forma ben conservata) orientano verso una origine non glomerulare, più verosimilmente a partenza dalle vie urinarie
Una Mie postglomerulare è più frequentemente causata dall’ipercalciuria e dalla iperuricuria. In oltre il 60% dei casi di Mie con ipercalciuria è presente familiarità per calcolosi e per coliche renali. L’esecuzione di un’ecografia renale permetterà di confermare il sospetto diagnostico. Occorre per altro ricordare come l’ecografia renale sia un esame operatore-dipendente, il risultato della quale dipende dall’esperienza nel diagnosticare anche la presenza eventuale di microcalcoli (< 3 mm) o piccoli depositi di renella, spesso implicati nella patogenesi della Mie asintomatica.
Un esercizio fisico intenso (come ad esempio osservato nei maratoneti) può causare una tantum una positività dello stick urine per emoglobina, solitamente di lieve entità e con la caratteristica assenza di proteinuria patologica. L’ematuria è solitamente di origine post-glomerulare ed è dovuta ai microtraumi. Se la Mie persiste al di fuori dell’esercizio fisico, occorre ovviamente pensare ad altre cause.
La “sindrome dello schiaccianoci”, causata dalla compressione della vena renale sinistra tra la biforcazione dell’arteria mesenterica superiore sinistra con l’aorta discendente, è caratterizzata da micro o macroematuria non glomerulari, associate o meno a proteinuria lieve-moderata di natura ortostatica. Facendo eseguire il dosaggio della proteinuria su campioni urine distinti in notturne e diurne, si potrà porre il sospetto della sindrome in caso di valori di proteinuria elevati solo di giorno. La diagnosi viene confermata con l’Ecocolordoppler renale, che dimostra i segni tipici: gradiente pressorio tra vena cava e vena renale sinistra tra 3 e 8 mm Hg e accelerazione del flusso dopo il compasso aorto-mesenterico. La sindrome dello schiaccianoci è generalmente asintomatica anche se in alcuni pazienti (giapponesi) descritti inizialmente era causa di dolori addominali bassi o dolori lombari o sintomi legati all’ipotensione ortostatica (lipotimia, tachicardia, anche a riposo, cefalea), tali da compromettere la frequenza scolastica.
Infine una Mie glomerulare può essere l’esito di una pregressa GN acuta, ma i tempi di risoluzione della Mie sono in questo caso di pochi mesi al massimo. Nel caso tale riscontro persista su valori significativi per più di 2-3 anni, è indicata una biopsia renale per escludere, soprattutto, una malattia delle membrane basali sottili, una Sindrome di Alport o una nefropatia da IgA.


2. LE INFEZIONI FEBBRILI DELLE VIE URINARIE
 

Le infezioni delle vie urinarie (IVU) rappresentano la seconda causa di infezione batterica in età pediatrica dopo le infezioni respiratorie; molto spesso si associano ad un’anomalia funzionale o anatomica delle vie escretrici, la più frequente delle quali è il reflusso vescicoureterale (RVU) (20-40% dei casi).
Le infezioni delle vie urinarie possono essere o meno associate a febbre; un’IVU associata a febbre >38°C è indicativa di coinvolgimento del parenchima renale (pielonefrite). Va tuttavia ricordato che la febbre può essere assente nei bambini di età < 3 mesi. Il 50% delle IVU in età pediatrica si presenta nel 1° anno di vita e nel 30% dei casi sono associate a sepsi.
 
Eziologia
I colibacilli sono i principali responsabili delle IVU: il germe di più frequente riscontro è Escherichia coli (80-90% dei casi); altri germi in causa sono Proteus, Klebsiella, Pseudomonas aeruginosa, Stafilococco,  Streptococco e Citrobacter.
 
Quadro clinico
Nei primi mesi di vita il quadro clinico non è specifico, ma è caratterizzato da perdita di peso e sintomi gastrointestinali, oltre che dagli eventuali segni di sepsi. La piuria nel neonato spesso manca, c’è invece aumento della PCR e dei leucociti, soprattutto dei polimorfonucleati.
Nelle età successive, invece, il quadro clinico diventa più specifico e si caratterizza per febbre, irritabilità, rifiuto dell’alimentazione, vomito, diarrea, disuria, stranguria, dolore sovrapubico e incontinenza urinaria.
 
Gestione del paziente
Il bambino necessita in genere di ricovero in caso di:
  • età inferiore a 3 mesi;
  • segni di sepsi;
  • disidratazione o compromissione dello stato generale;
  • mancato sfebbramento dopo 3 giorni di terapia antibiotica mirata;
  • scarsa compliance familiare.
 
In tutti i bambini con sintomatologia suggestiva per IVU o con febbre > 38°C senza segni di localizzazione deve essere sospettata una IVU ed è quindi necessario avviare l’iter diagnostico. E’ necessario mantenere alto il sospetto nel maschio di età <1 anno non circonciso: sotto l’anno di vita femmine e maschi non circoncisi presentano la stessa probabilità di IVU.
La diagnosi di IVU va inizialmente effettuata sulla base della sintomatologia clinica e dell’esito dello stick urine/esame urine al microscopio, in quanto l’urinocoltura necessita di almeno 24-48 ore. Tuttavia, soltanto l’urinocoltura consente la diagnosi di certezza di IVU.
Nel sospetto di IVU è innanzitutto necessario ottenere un campione di urine per l’esecuzione di stick urine al fine di distinguere i bambini con alta probabilità di IVU.
Il metodo di raccolta delle urine varia in base alle condizioni del bambino.
1. Bambino febbrile in condizioni generali scadute o compromesse: il campione sarà raccolto mediante cateterismo vescicale.
2. Bambino febbrile in buone condizioni generali: è opportuno posizionare un sacchetto perineale a tali bambini il prima possibile (preferibilmente già in triage) ed effettuare lo stick urine sul campione così ottenuto:
  • se stick negativo: esclusione di IVU;
  • se stick positivo: è necessario ottenere un ulteriore campione di urine mediante tecnica sterile—> se il bambino ha raggiunto il controllo dello sfintere vescicale ed è collaborante, è opportuno raccogliere il campione di urina con mitto intermedio. Tale metodica deve essere tentata anche nel bambino che non ha ancora raggiunto il controllo dello sfintere vescicale, in
questo caso la tecnica descritta è la seguente:
 - allattare il bambino;
- stimolare la vescica picchiettando sulla regione sovrapubica per 30 sec
mentre qualcuno tiene il bambino sotto le ascelle con le gambe penzolanti;
- massaggiare la regione lombare paravertebrale con leggeri movimenti
circolari per 30 sec.
Il tempo medio descritto per l’ottenimento di un campione di urine con
questa tecnica è di 60 sec.
 In alternativa si ricorrerà al cateterismo vescicale.
 
Sul campione di urine ottenuto andrà innanzitutto eseguito uno stick urine e/o un esame urine al microscopio ottico. La presenza di nitriti allo stick è fortemente suggestiva per IVU, l’assenza di leucociti e nitriti esclude una infezione con ragionevole certezza
Se lo stick urine pone il sospetto di infezione urinaria, per la diagnosi è necessario eseguire l’urinocoltura. Si considera positiva un’urinocoltura che dimostra la crescita di un unico germe con conta colonie: 1. > 10.000 UFC/ml in caso di cateterismo vescicale; 1. > 100.000 UFC/ml in caso di mitto intermedio.
 
In definitiva, lo stick urine è uno strumento semplice ed economico per individuare quei soggetti che hanno un’alta probabilità di avere in atto un’infezione urinaria e, in caso di negatività, permette di escluderne la diagnosi
L’esame microscopico delle urine a fresco permette di evidenziare la batteriuria e di dirimere l’orientamento diagnostico quando lo stick urine è dubbio. L’esame urine standard, lo stick e l’esame microscopico a fresco non possono sostituire l’urinocoltura per effettuare diagnosi di IVU.
 
Esami strumentali
La diagnostica strumentale nel bambino con IVU non ha trovato nelle linee guida a tutt’oggi esistenti una indicazione univoca. L’ ecografia renale, pur con i limiti legati alla tecnica in termini di sensibilità, è una tappa non invasiva importante. In corso di pielonefrite può mostrare aumento di volume del rene, una modesta calicopielectasia o altri reperti. Consente inoltre di identificare anomalie urinarie (idronefrosi isolata, idroureteronefrosi, ipoplasia renale, doppio distretto renale) che in una percentuale significativa sono associate a RVU. L’ecografia renale andrebbe eseguita entro il primo mese dall’infezione. Laddove non si assista allo sfebbramento entro i primi tre giorni dalla instaurazione della terapia antibiotica è necessario effettuare in urgenza una valutazione ecografica.
—> Se l’ecografia renale è normale e non vi sono associati fattori di rischio (Figura 1), non sussistono le indicazioni a ulteriori indagini strumentali. Verrà fornita adeguata informazione sanitaria alla famiglia e verrà attuato un programma di sorveglianza che prevede controlli urinari (esame urine e urinocoltura) in coincidenza di episodi febbrili senza spiegazione. Solo nel caso di una seconda IVU febbrile verrà effettuata la cistografia minzionale.
—> Viceversa l’ecografia renale patologica e/o fattori di rischio associati rappresentano indicazioni all’esecuzione di uno studio morfologico delle vie urinarie e del rene completo. Tra le tecniche per lo studio morfologico di reni e vie urinarie, la cistografia minzionale rappresenta a tutt’oggi il gold standard, consentendo una precisa stadiazione del grado di RVU, pur in presenza di un’elevata invasività in termini di carico radiogeno.
 
Figura 1. Approccio strumentale in caso di prima IVU febbrile

 
Terapia
La terapia antibiotica deve essere intrapresa il prima possibile, sulla base del sospetto clinico e della positività dello stick urine, al fine di eradicare l’infezione, prevenire una possibile batteriemia e migliorare le condizioni cliniche generali.
La via di somministrazione dell’antibiotico da preferire è quella orale, tranne nelle IVU complicate (paziente settico, presenza di vomito, disidratazione medio-grave) o nei casi di scarsa compliance alla terapia per os: in tali casi è necessario iniziare una terapia parenterale. Non sono riportate differenze tra le due vie di somministrazione in merito a: defervescenza, recidiva di infezione, incidenza di lesioni parenchimali.
Non vi è consenso in letteratura sulla durata ottimale della terapia antibiotica, che nei diversi studi oscilla tra i 7 e i 14 giorni; tuttavia una durata di 10 giorni sembra essere ragionevole e adeguata alla maggior parte dei casi. In caso di terapia somministrata per via parenterale, quest’ultima dovrà avere una durata di 2-4 giorni, seguita dalla somministrazione antibiotica per via orale fino a completare 10 giorni di terapia. La defervescenza della febbre e il miglioramento delle condizioni generali si dovrebbero verificare entro le prime 72 ore dall’inizio della terapia.
 
Terapia di supporto
In caso di difficoltà ad assumere i pasti per via orale (paziente gravemente compromesso con sepsi o vomito) e in caso di disidratazione (spesso associata ad un’infezione febbrile delle vie urinarie), sarà necessaria reidratazione per via endovenosa con soluzione salina o glucoelettrolitica (in considerazione dei valori di glicemia) o tramite sondino naso-gastrico


3. PROTEINURIA

Per proteinuria si intende la perdita di proteine nelle urine: in condizioni fisiologiche il glomerulo filtra solo una piccola quota di proteine a basso peso molecolare e la maggior parte di queste vengono poi riassorbite dal tubulo. Quindi, normalmente, non si ritrovano proteine nelle urine, se non in minima quantità.
Il riscontro di proteinuria all’esame urine è un evento relativamente frequente nel paziente pediatrico: la prevalenza di positività allo stick urine varia dal 5 al 15% in un singolo campione, ma scende allo 0,1% se il test viene ripetuto per 4 volte.
 
Lo stick urine costituisce il primo strumento di screening per l’identificazione della proteinuria; si tratta di un metodo semiquantitativo, che dipende molto dalla concentrazione del campione
La determinazione del rapporto tra la concentrazione di proteine nelle urine e quella della creatinina nelle urine è il metodo più utilizzato in pediatria per quantificare la presenza di proteinuria
La misurazione della proteinuria su raccolta urine di 24 ore è il metodo di riferimento nell’adulto ma è poco utilizzato in pediatria per la difficoltà ad ottenere
 
 
Metodo Proteinuria patologica Precauzioni
Stick urine 1+ o superiore, in un campione di urine non concentrate (ps < 1025) Falsi positivi per pH urinario > 8.0 o ps > 1025 o dopo utilizzo di esami radiografici con mdc;
falsi negativi in caso di urine diluite (p.s. < 1004)
Rapporto uPr/uCr su campione urine estemporaneo > 0,02 g/mmol o 0,2 mg/mg in b.ni > 2 aa
> 0,06 g/mmol o 0,6 mg/mg in b.ni 6m-2aa
Range nefrosico: > 0,2 g/mmol o >2 mg/mg
L’escrezione di proteine varia con l’età del piccolo paziente
Valutazione temporizzata della velocità di perdita di proteine urinarie (proteinuria quantitativa) >4mg/m2/h o > 150mg/1,73m2/24h
Range nefrosico:
> 40 mg/m2/h o > 3g/1,73m2/24h
Attenzione alla completezza della raccolta urine delle 24h: errori possibili sia in difetto che in eccesso.
 
Un’escrezione anormale di proteine nelle urine può essere intermittente o costante; può verificarsi prevalentemente in posizione eretta (proteinuria ortostatica); può essere isolata (senza altre anomalie nelle urine, quali ematuria) o accompagnata, ad esempio, ad ematuria.
La prima cosa da verificare quando ci si trova di fronte a una proteinuria di lieve entità (tracce, 1+) è la concomitanza di eventi che possono averla causata, come febbre, esercizio fisico intenso o disidratazione: in tal caso la proteinuria sarà legata alle urine concentrate e sarà quindi transitoria. Sono quindi importanti un’anamnesi e un esame obiettivo completo, ponendo particolare attenzione alla ricerca di edema e alla misurazione della pressione arteriosa.
In caso di proteinuria persistente bisognerà effettuare un approfondimento degli esami urinari, e un prelievo ematico. Un’ecografia renale dovrebbe essere eseguita per valutare l’ecogenicità renale nel caso di proteinuria tubulare e l’eventuale presenza di segni indiretti di reflusso vescicoureterale o di ostruzione urinaria.
In particolare, tra le malattie tubulari che possono dare proteinuria spiccano le anomalie congenite del rene e delle vie urinarie, che comprendono la nefropatia da reflusso vescicoureterale e l’ipodisplasia renale. Inoltre si aggiungono alcune tubulopatie ereditarie quali la sindrome di Bartter, la sindrome di Dent, le acidosi tubulari renali e  la sindrome di Fanconi.
In caso di malattie glomerulari, la proteinuria può essere di entità severa e la β2-microglobulina urinaria è normale o solo lievemente aumentata (in caso di danno concomitante tubulo-interstiziale).
Una causa frequente di proteinuria isolata persistente di origine glomerulare è la proteinuria ortostatica, generalmente di grado non elevato (< 1g/die): questa forma è presente in più del 10% della popolazione pediatrica generale, con un picco nell’adolescenza. È una condizione del tutto benigna e per escluderla è necessario eseguire raccolte urine differenziate di giorno e di notte: nel caso di proteinuria ortostatica, questa sarà presente solo nelle urine del giorno.
La presenza di proteinuria, in genere di range non nefrosico, associata ad ematuria, ipertensione arteriosa, oliguria, rialzo dei valori di creatinina fino ad insufficienza renale acuta, definiscono la sindrome nefritica. In tal caso gli esami di secondo livello da eseguire sono la determinazione del C3 e del C4 (nel caso di glomerulonefrite post-streptococcica si riscontrerà una riduzione del C3), tampone faringeo, TAS, eventualmente anticorpi anti Mycoplasma ed esami immunologici quali ANA, anti-DNA, ANCA se viene sospettata una vasculite.
Riscontro frequente durante esami urinari effettuati a livello di screening, ad esempio per idoneità agonistica, è quello di una proteinuria associata a microematuria. In questi casi l’origine glomerulare della proteinuria è indiscutibile e spesso nasconde malattie impegnative come le varie glomerulonefriti o la sindrome di Alport.
Nel caso in cui la proteinuria sia associata, oltre a segni di insufficienza renale (rialzo della creatinina e dell’urea, diselettrolitemia), a segni di malattia cronica, quali osteodistrofia e scarsa crescita, bisognerà indagare le possibili cause di insufficienza renale cronica.
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