Nella cultura generale l'attività maggiormente conosciuta dei reni è quella di organi emuntori, in grado cioè di produrre l'urine attraverso la cui eliminazione manteniamo un adeguato bilancio dei liquidi corporei e smaltiamo le tossine prodotte dall'organismo.
Tuttavia i reni non si limitano a questo ma al contrario svolgono diverse attività meno note ma non per questo meno importanti e tra di esse vi è la regolazione del metabolismo osseo e minerale.
In condizioni normali, un rene sano elimina con le urine parte del fosforo assunto con la dieta al fine di mantenere stabili i suoi livelli nel sangue. In corso di insufficienza renale, tuttavia, si riduce il numero delle unità funzionali da cui ciascun rene è composto, i nefroni.
Ciò comporta una ridotta eliminazione del fosforo con le urine e un conseguente accumulo nel sangue.
Per cercare di controbilanciare questo problema, il rene intensifica, per quanto possibile, attraverso l'attivazione di un complesso asse ormonale a tutt'oggi non del tutto chiarito, la capacità di ciascun nefrone di elimitare fosforo con le urine riducendone allo stesso tempo l'assorbimento a livello dell'intestino.
Questo meccanismo, efficace fino quasi agli stadi più avanzati di malattia renale, presenta tuttavia un importante prezzo da pagare. Il rene fra i vari compiti presenta infatti anche quello di attivare la vitamina D circolante nel nostro organismo, elemento fondante del metabolismo delle ossa.
Quella iperattivazione ormonale di cui abbiamo poco fa accennato porta a una riduzione di attivazione della suddetta vitamina D.
Da ciò deriva, sia direttamente che tramite una riduzione dei valori di calcio nel sangue e sempre in proporzione alla progressione della malattia, l'ingrandimento di quattro piccole ghiandole poste ai lati della tiroide, chiamate paratiroidi. Il risultato di questo accrescimento ghiandolare è l'aumentata produzione del loro ormone, il paratormone.
La patologia che ne deriva, chiamata
iperparatiroidismo secondario, causa una riduzione della componente di calcio delle ossa e allo stesso tempo lo sviluppo di depositi di calcio, le cosiddettte calcificazioni, a livello dei tessuti, compreso il cuore causandone un ispessimento delle pareti, e dei vasi sanguigni.
La frequenza di queste complicanze è alquanto elevata all'interno della popolazione dei pazienti affetti da malattia renale cronica e cresce con il progredire della malattia.
La relativa assenza di sintomi, almeno nelle prime fasi, direttamente interpretabili come espressione di queste alterazioni non ne deve far sottovalutare l'importanza clinica.
E' dimostrato infatti come i meccanismi sopra sintetizzati, se non corretti adeguatamente e tempestivamente, siano in grado di causare sia complicanze a livello osseo, quali malformazioni e fratture, ma anche un aumentato rischio di malattie cardiovascolari fino a eventi potenzialmente severi quali eventi ischemici cardiaci o cerebrali. Le manifestazioni ossee indotte dalla malattia renale non si limitano all'osteoporosi ma comprendono un ampio spettro di quadri clinici a cui l'osso può andare incontro con una disregolazione della sua velocità di rinnovamento sia in difetto che in eccesso.
La prevenzione di tali complicanze inizia da un regolare e attento monitoraggio dei più comuni parametri laboratoristici come i livelli nel sangue di calcio, fosforo, vitamina D e paratormone in base al grado di malattia renale per estendersi poi ad approndimenti strumentali come le radiografie e la mineralometria ossea computerizzata o MOC.
L'intervento terapeutico deve essere sempre commisurato al grado di alterazioni presenti e si avvale per quanto riguarda il Nefrologo nella gestione del paziente ambulatoriale di due elementi principali:
- l'alimentazione: un corretto regime alimentare, identificato da un dietista esperto di malattia renale di cui spesso gli ambulatori di nefrologia sono provvisti, è in grado di fornire il giusto apporto di calcio e fosforo ponendosi come prima barriera contro tutta quella cascata di alterazioni sopra descritta.
- i farmaci: laddove il regime alimentare non risultasse da solo sufficientemente efficace, il Nefrologo dispone oggi di un buon numero di farmaci di diverse categorie. Si va infatti dai supplementi orali di vitamina D a farmaci che riducono l'assorbimento del fosforo contenuto negli alimenti ad altri che bloccano direttamente la crescita delle paratitoidi e la loro eccessiva produzione ormonale.
Nei pazienti in dialisi, il trattamento dialitico , sempre unito ai due elementi di cui sopra, è un'ulteriore risorsa in grado di mantenere un adeguato bilancio di calcio e fosforo prevenendo quelle temibili complicanze.