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Cure palliative


La Sezione lombarda della Società Italiana di Nefrologia ha di recente costituito un gruppo di lavoro sul tema delle Cure Palliative e Simultanee in Nefrologia. Questo argomento, già affrontato nella nostra realtà specialistica negli anni passati (documento intersocietario SIN- SICP “Le Cure Palliative nelle persone con malattia renale cronica avanzata”, 2015), è oggetto negli ultimi anni di crescente attenzione scientifica. Nella nostra regione è affrontato normato da numerosi decreti legislativi tuttora in progressione.
Per promuovere la cultura di una Nefrologia “orientata al paziente” questo gruppo di lavoro si propone di divulgare i principi delle cure palliative non-oncologiche, di declinarle sul paziente nefropatico e di identificare quei nuovi modelli di cura più adatti alla popolazione di pazienti nefropatici e dializzati, in un confronto proattivo fra Nefrologi e con gli specialisti in Cure Palliative.
Ci auguriamo che il gruppo sia destinato a ingrandirsi, coinvolgendo tutti gli specialisti Nefrologi lombardi che abbiano sviluppato esperienze su questo tema, o che abbiano interesse o competenze
 
I FONDATORI DEL GRUPPO
Cristina Pinerolo - coordinatrice del gruppo, Elena Alberghini, Marina Cornacchiari, Ciro Esposito, Andrea Galassi, Marco Heidempergher, Simone Vettoretti
I COMPONENTI DEL GRUPPO
 
IL RAZIONALE
La prevalenza della popolazione affetta da malattia renale cronica (MRC) avanzata è costituita da pazienti sempre più spesso in età avanzata, fragili e con severe comorbidità, che presentano un impegnativo e complesso bagaglio di sintomi fisici e psicologici ed un alto tasso di mortalità.
L’obiettivo principale della terapia dialitica nei pazienti con malattia renale terminale (End Stage Kidney Disease-ESKD), è sempre stato quello della riabilitazione dalla disabilità determinata dalla MRC. Ancora oggi l’obiettivo nei pazienti senza aspettativa di trapianto è volto principalmente al prolungamento della vita. Nonostante l’elevato grado di disabilità indotto dalla malattia, dalle sue complicanze e dalle comorbidità, il paziente è spesso candidato al trattamento dialitico di default: le complicanze ad esso legate, le numerose ospedalizzazioni e la difficile tolleranza ai regimi dialitici tradizionali indicano che, soprattutto per coloro che hanno una breve aspettativa di vita (< 1 anno),  gli effetti sfavorevoli del trattamento possono superare i benefici auspicati, in particolare in termini di qualità di vita (QoL).
In questa categoria di pazienti quindi la terapia dialitica non costituisce necessariamente una scelta terapeutica vantaggiosa. Questa considerazione è supportata da evidenze scientifiche sempre più consistenti. L’obiettivo della terapia dialitica sostitutiva della funzione renale e della terapia conservativa per questi pazienti, andrebbe pertanto indirizzato alla ottimizzazione del controllo dei sintomi e della QOL, includendo l’attenzione agli aspetti famigliari e sociali in un processo di presa in carico routinaria, che integri i principi delle cure palliative.
 
Nel rispetto dei principi che mettono il paziente al centro delle cure (“patient-centered medicine”, KDIGO 2019), la strutturazione della cura può essere distinta in 3 fasi:
  1. TERAPIA CURATIVA, riabilitativa, che prevede il trattamento dialitico pieno secondo i criteri di adeguatezza dialitica e le linee-guida e raccomandazioni nazionali e internazionali per efficacia clinica
  2. TERAPIA SUPPORTIVA CONSERVATIVA (cure simultanee: già parte del percorso di terapia palliativa) che prevede la gestione dei sintomi e la prevenzione degli eventi acuti e delle ospedalizzazioni, nei pazienti con ESRD non candidabili al trattamento dialitico. Nei pazienti dializzati contempla la rimodulazione della prescrizione dialitica in base alle esigenze del paziente e alla sua tolleranza al trattamento, valutando la graduale riduzione fino alla sospensione della dialisi quando e se appropriato. Le cure simultanee prevedono la gestione clinica del paziente in condivisione con il palliativista che entra a far parte del team di cura assistendo il malato parallelamente ma in concerto col nefrologo. La modalità dell’assistenza clinico-terapeutica in questa fase risponde infatti principalmente ai bisogni del malato, secondo un percorso interdisciplinare integrato che prevede la focalizzazione sui sintomi e sul comfort della persona, e una rimodulazione dinamica del trattamento anche dialitico sulla base dell’evoluzione dello stato di salute del malato.
  3. TERAPIA TERMINALE, rivolta ai pazienti che hanno una breve prognosi quoad vitam, che necessitano di interventi di terapia palliativa, orientati alla gestione del fine vita, con un setting di assistenza domiciliare o in Hospice, e al supporto dei familiari per una miglior elaborazione del lutto. Anche questa fase della cura assume nel paziente nefropatico terminale delle caratteristiche peculiari, per le quali la collaborazione stretta fra discipline è essenziale.
 
In ambito Nefrologico come in altri settori specialistici occorre pertanto pensare ad un modello, culturale prima e assistenziale poi, che preveda quanto segue:
  • L’identificazione precoce dei pazienti ad alto rischio di morte (< 1 anno: domanda sorprendente e criteri prognostici specifici) che possono beneficiare di un approccio supportivo-palliativo
  • La valutazione multidimensionale dei bisogni dei pazienti selezionati
  • La pianificazione anticipata delle cure, condivisa con il paziente, i familiari e il palliativista, identificando in modo dinamico gli obiettivi di cura centrati sul paziente, e decidendo secondo un percorso di “shared-decision-Making” il trattamento e la eventuale dialisi più indicati per il paziente. La pianificazione anticipata e condivisa delle cure prevede:
  • Esplicitare gli obiettivi individuali di cura e la gestione attiva  dei sintomi fisici e psichici nella malattia renale avanzata in terapia conservativa e in dialisi
  • Rimodulare il trattamento dialitico (dialisi decrementale) in base alla tolleranza, finalizzandolo al controllo ottimale dei sintomi e delle complicanze, fino alla sua sospensione
  • Intraprendere un trattamento proporzionato alla concezione di vita del paziente, cercando l’equilibrio tra il valore della durata e della qualità della sua vita.
  • In quei casi con incertezza prognostica, considerare di proporre un TLT (trattamento dialitico temporaneo limitato) in cui valutare la appropriatezza del trattamento sulla base della risposta clinica, avvalendosi del supporto e del monitoraggio attivo dell’equipe di cure palliative. Il TLT va concordato tra team nefrologico, l’eventuale altro team specialistico di cura, il paziente e la famiglia o care giver del paziente: vanno esplicitati gli obiettivi, rischi e benefici potenziali della terapia che si intraprende, e concordando il tempo della rivalutazione quando verrà analizzata la appropriatezza del trattamento e definito congiuntamente il programma di cura.
  • Garantire le cure più appropriate del fine vita, favorendo la domiciliazione della cura e fornendo adeguato supporto alla morte e al lutto
La risposta negativa alla domanda sorprendente (“saresti stupito se il paziente morisse nei prossimi sei mesi?”), richiede un cambiamento nella strategia di cura, dove lo scopo della terapia deve diventare il contenimento della sofferenza mediante il controllo dei sintomi fisici e psicologici, lungo la traiettoria della malattia compreso (ma non limitata a) il periodo di fine vita. Il lavoro di squadra con il team di cure palliative dovrebbe iniziare sempre quando la cura e la riabilitazione non sono più aspettative pienamente realizzabili: tale approccio, pur riguardando nella nostra sfera specialistica più frequentemente l’anziano fragile, deve essere rivolto a tutti i pazienti indipendentemente dall’età e dalla malattia. 

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